I riti della ” Settimana Santa ” nel Salento
9 Marzo 2014Tradizione e devozione. Il sacrificio di allestire e donare: Le Tavole di San Giuseppe 18 e 19 Marzo
16 Marzo 2014Tra la fine del Carnevale e la Pasqua intercorrono, com’è noto, i quaranta giorni della Quaresima, periodo dedito alla moderazione, al ritiro, alla purificazione del corpo e dell’anima, che si conclude il giorno di Pasqua.
In passato era usuale, passeggiando tra le vie dei comuni salentini durante il periodo quaresimale, imbattersi in uno strano pupazzo sospeso tra un balcone ed un altro con le sembianze di una vecchia col fazzoletto nero in testa, lo scialle sulle spalle ed il grembiule, con in una mano il fuso e la conocchia ( a volte accompagnati da altri oggetti tipici del lavoro domestico), e nell’ altra un’arancia selvatica, una “marangia”, che con il suo sapore acre rappresenta la sofferenza, nella quale erano conficcate sette penne di gallina
Il pupazzo altro non era che la Quaremma, termine che deriverebbe dal francese Careme (Quaresima appunto) e che rappresentava simbolicamente le fattezze della moglie di Carnevale (lu carniale), deceduto per i troppi bagordi dopo aver sperperato tutti i suoi beni lasciando la sua povera moglie nella più totale miseria. La povera Quaremma allora era costretta a lavorare per ripagare i debiti del marito e per sopravvivere. Da qui il significato degli oggetti rappresentati sul fantoccio: il fuso e la conocchia( o gli altri utensili) rappresentavano la laboriosità ma allo stesso momento lo scorrere del tempo, mentre le penne infilzate nell’arancia erano il simbolo delle settimane di penitenza e digiuno che precedono la Pasqua .
Assieme alla quaremma, a secondo delle localita’, si appendevano alcuni oggetti come una bottiglietta d’olio (rappresentante l’olio usato per la lampada per continuare il proprio lavoro nella notte), una d’aceto (rappresentante la ristrettezza economica in cui viveva) 7 taralli o fichi secchi (il poco e povero cibo che aveva a disposizione) , alcune bamboline più piccole ossia i figli che non avevano mai visto il padre e così via.
Arrivata la Pasqua il fantoccio veniva rimosso, bruciato o fatto esplodere utilizzando dei petardi con una sorta di rito attraverso il quale si andava a purificare, mediante le fiamme, i numerosi peccati dando così il via ad una nuova vita.
Nella città di Lecce non si vedono più le Quaremme , ma la tradizione è ancora viva in alcuni paesi del Salento come nel territorio intorno a Gallipoli, nei comini del Capo di Leuca o nella Grecìa Salentina