Arriva Il Natale, spuntano i ricordi…
21 Dicembre 2014Natale e i dolci della tradizione salentina
24 Dicembre 2014Mantenere e trasmettere costumanze e tradizioni ataviche sono un ricco e inalienabile tesoro dell’uomo perchè formano una parte rilevante della sua cultura. E attraverso il ricordo noi le viviamo e, non di rado, rimpiangiamo il bel tempo che fu. Sicuramente le tradizioni natalizie sono quelle che più restano impresse nella nostra memoria perchè ci fanno rivivere tante cose belle: il calore della famiglia, i preparativi di Natale con i suoi riti e le sue liturgie: il presepe, l’albero con luci e addobbi, i doni da fare e da ricevere e, qui da noi nel salento, le “focare”, una delle più interessanti e profonde tradizioni salentine. Consistono in dei grandi falò che venivano e vengono ancora oggi preparati nei vari punti dei paesi o magari nella piazza centrale. Nascono all’alba dei secoli, probabilmente legati a culti pagani di purificazione, propiziatori o magari come saluto alla primavera. Alcune teorie infatti indicano come venissero usate per festeggiare l’inverno che finiva bruciando la legna rimasta da ardere. Il cattolicesimo ha fatto proprie questi riti, ma il periodo nel corso dei millenni è rimasto lo stesso, da fine Dicembre a metà Marzo. Oggi, accompagnati in questo viaggio a ritroso nel tempo da un amico e caro collega Raimondo Rodia, scopriremo la tradizionale focara organizzata alla vigilia di Natale in una meno nota località salentina: Tuglie.
“Tantissime erano le tradizioni che noi ragazzi nati nel boom economico degli anni 60′, portavamo umilmente a compimento, una su tutte l’incredibile fòcara della vigilia di Natale. Era consuetudine per noi ragazzi andare a raccogliere legna da ardere a partire dalla fine di settembre, inizi di ottobre, coincidenti allora con l’inizio dell’anno scolastico. Grazie ad un carretto di legno, prestato a noi ragazzi dalla falegnameria Montefusco, ma tirato dalla forza di decine di mocciosi, tutti insieme allegramente si raccoglieva dalle case e dalle campagne circostanti il paese, i pezzi di legno e le fascine che dovevano successivamente creare l’enorme spettacolare falò, che non aveva nulla da invidiare, al più famoso di Novoli. Si costruiva prima la capanna con i tronchi di legno, poi successivamente venivano poggiate le fascine che coprivano tutto intorno la capanna in legno che poi fungeva da camera di innesco per l’incendio della fòcara. Tanto lavoro, mesi interi a raccogliere legna, a costruire l’enorme falò, che poi bruciava in poche ore la sera del 24 dicembre quando veniva incendiato, il fuoco ed il suo crepitio arrivava fino all’alba del 25 dicembre, bruciando per tutta la notte. Tanto lavoro, ripagato solo dall’enormità dell’impresa, poi dalla soddisfazione di avere fatto qualcosa di buono, avevamo nel nostro immaginario tenuto caldo il bambinello che nasceva in quella notte. Ancora oggi ricordo con piacere quei momenti trascorsi con gli amici “dellu Rraona “. Tutte quelle vigilie di Natale con il fuoco che arde ed incendia il buio della notte, le pittule calde di mia madre, il suo abbraccio sereno, tutto questi ricordi hanno un sapore particolare che oggi non sento più. Ma nella memoria rimangono intatte le visioni delle lunghe partite di pallone, la varra, li tuddhri, la prima radio libera nell’oratorio di S. Maria Goretti, il gruppo musicale che accompagnava le messe di papa Dante ( si, detto proprio alla greca ) altre cose potrei dire e scrivere, ma voglio chiudere ricordando che qualcuno fa scaturire il nome Tuglie, dalla pianta della famiglia delle cupresacee la Tuia, ebbene in Nord America, da dove proviene la pianta, essa viene denominata ” Albero della Vita ” ed io oggi vi saluto ricordando che l’albero della vita si trovava nell’Eden, per me Tuglie, ancora oggi che sono lontano, rimane assolutamente ” il paradiso terrestre “.
Raimondo Rodia “